sabato 20 dicembre 2008

...e Alcune Differenze

Sono comunque maggiori rispetto ai punti in comune quelli che distinguono ciò che sta succedendo in questi mesi dalla profonda crisi del secolo scorso, aspetti sia tecnici/finanziari che economici, andiamo in ordine:

1. Guardando ai prezzi delle azioni degli ultimi anni ed il percorso di rialzi che ha portato ai massimi del 2007, potremo vedere una ridotta volatilità ed escursioni al rialzo giorno dopo giorno di limitata ampiezza, mentre prima del 29 ottobre 1929 era abitudine osservare azioni che inanellavano +50% in una sola seduta. Persino i rialzi e la volatilità degli ultimi anni '90 e dei primi mesi del 2000 sono stati sensibilmente più intensi dell'intero periodo 2003-2007, in questo senso la eccitazione per la new economy è stato un effetto decisamente più simile alla euforia antecedente il '29.

2. I tassi di interesse in cui è maturata l'attuale crisi sono decisamente diversi da quelli di allora, difatti i tassi degli ultimi anni sono stati circa un ¼ di quelli che giravano alla fine degli anni '20/'30. Inoltre è necessario ricordare che la diffusione stessa dei mercati azionari era minima e non paragonabile all'attuale; di fatto pochi e ristretti mercati azionari nell'intero globo, “alle grida” tra l'altro, contro le decine di mercati “telematici” di oggi, il che comporta un numero di attori, una velocità ed un numero di operazioni neanche lontanamente paragonabile, quasi come accostare un carro di buoi ad una vettura di Formula1. Il contesto economico in cui sono maturate le recenti perdite dei mercati azionari è, a rigore, ancora in fase di crescita, una, seppur limitata, espansione che ben poco ha a che vedere con la grande depressione. Fino a prova contraria la quantità di ricchezza a livello globale continua a crescere ed il FMI ha previsto per il 2008 e il 2009 tassi di crescita globali superiori al 4% annuo, quindi di depressione misurata neanche una traccia.

Il fatto stesso che nel 1929 gli USA fossero il grande volano dell'industrializzazione, è ben diverso dal quadro di una economia globalizzata con un alto numero di paesi industrializzati, sia emergenti che consolidati, che producono e consumano ricchezza, in un contesto di libero mercato diffuso. Ci sono tra l'altro molte realtà che limiteranno i danni derivanti dalla crisi, attori che rimarranno alla finestra cogliendo ogni opportunità di acquisire aziende a prezzi decisamente interessanti, basti pensare alla finanza mediorientale o ai nuovi grandi investitori cinesi che potrebbe fare acquisti sensazionali di grandi compagnie americane in saldo.Grande e sostanziale è la differenza delle contromisure prese a crisi avviata: nel 1929 gli stessi banchieri, per scongiurare una catastrofe, misero mano al portafoglio per fare acquisti pubblici e sensazionali su azioni quotate, passò alla storia quando la J.P. Morgan, insieme ad altri banchieri, durante una seduta proclamò a gran voce i suoi acquisti sui maggiori titoli del NYSE, cercando di diffondere un ottimismo, in realtà mai trasmesso.

In questi giorni invece sono le banche a chiedere aiuto ai governi e alle istituzioni sovranazionali che stanno al momento curando solo i sintomi, iniettando massicce dosi di liquidità per impedire il collasso, ma che dovranno adoperarsi per discutere nuove e più efficaci regole per i mercati cercando di eliminare quegli elementi cancerogeni che l'ingegneria finanziaria ha introdotto negli ultimi anni e riducendo nel complesso sia la speculazione che l'effetto leva ormai sin troppo ampio all'interno del sistema.

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